martedì 3 marzo 2015

Ancora Battisti

Il caso Battisti si è ormai trasformato in una sequela di non notizie che periodicamente riaffiorano dal Brasile, rimbalzano in Italia e qui vengono reinterpretate - male - a uso e consumo di politica interna. È così fin dai tempi della mancata estradizione dalla Francia e della fuga in Brasile. E sarà sempre così, probabilmente, finché la vicenda giudiziaria dell'ex PAC verrà sbandierata dall'uno o dall'altro fronte. Questa volta, Giorgia Meloni ci ha fatto sapere che aspetta l'ex terrorista "a braccia aperte", Daniela Santanchè (che cercò ai tempi di darsi un po' di visibilità col caso) ha annunciato un'inesistente estradizione, e, sul fronte opposto, l'account su Twitter del collettivo Wu Ming ha linkato, stancamente, un vecchio articolo di Carmilla online che riassume, pro domo Battisti, l'intero caso. Niente di nuovo dal fronte interno, dunque. Niente di nuovo neppure dal Brasile, del resto.

Quel che è accaduto non è infatti che la conseguenza - abbastanza prevedibile, tutto sommato - della situazione scomoda e singolare in cui si è trovato Battisti dopo la decisione di Lula di non concedere l'estradizione. A quel punto, infatti, Battisti non era né poteva essere un rifugiato, per via della decisione del Supremo Tribunal Federal (STF), che aveva, tra l'altro, concesso l'estradizione (lasciando però l'ultima parola al Presidente della Repubblica). E neppure era in possesso di un visto, perché non era entrato in Brasile regolarmente, ma con documenti falsi (reato per cui è stato condannato a 2 anni di prigione). Per regolarizzare la sua intricata situazione, il Consiglio Nazionale dell'Immigrazione brasiliano gli aveva concesso, a seguito del diniego all'estradizione, un "visto di permanenza definitiva". Ed è contro questa decisione che ha fatto ricorso il "Pubblico Ministero Federale", una delle sezioni di cui si compone la Procura Generale della Repubblica brasiliana, ravvisando una violazione dell'articolo 7 della legge 6.815/80 (Estatuto do Estrangeiro), che vieta la concessione del visto a cittadini stranieri condannati o processati in un altro paese per reati dolosi, per i quali il Brasile può concedere l'estradizione. Si tratta, quindi, proprio della fattispecie sotto cui, a causa della precedente sentenza del STF, ricade Battisti. La cui situazione, oltretutto, è appunto aggravata dalla condanna definitiva (già scontata) per possesso di documenti falsi.
Nel corso di questo (ulteriore) processo, l'Unione (cioè il governo federale brasiliano) ha controargomentato sostenendo che ciò che era in questione non era la concessione del visto, ma la permanenza di Battisti indipendentemente dal visto. Inoltre, ha sostenuto che l'espulsione di Battisti sarebbe contraria alla decisione della Presidenza della Repubblica di non concedere l'estradizione.
Quel che è successo ieri è stato, semplicemente, che si è arrivati a una sentenza. E con la sentenza, la giudice Adverci Rates Mendes de Abreu, della 20ª Vara Federal del Distrito Federal (Brasilia) ha deciso a favore dell'espulsione di Battisti. Su due basi. In primo luogo perché, accogliendo l'interpretazione della norma sostenuta dal Pubblico Ministero, quanto disposto degli articoli 4º e 5º della legge 6.815/1980 ha come obbiettivo quello di regolarizzare qualsiasi straniero, indipendentemente dal titolo con cui risiede. In secondo luogo, perché la decisione di espellere Battisti non contraddice la decisione del Presidente Lula, giacché espulsione ed estradizione sono due istituti differenti e distinti. L'espulsione non implica, infatti, che Battisti debba essere consegnato all'Italia.
Il caso, comunque, non è ancora chiuso, perché la decisione è appellabile, e gli avvocati di Battisti hanno già fatto sapere che faranno ricorso.
Nel frattempo, in Italia, la Corte di Cassazione ha annullato la precedente sentenza della Corte d'Appello di Bologna e dato così via libera all'estradizione dell'ex direttore del Banco do Brasil Henrique Pizzolato, condannato in Brasile nel corso del grande processo per corruzione detto del "mensalão", che ha raggiunto i vertici del PT (il partito di Lula e dell'attuale presidente Dilma). I dietrologi sono pregati di accomodarsi.

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