domenica 17 novembre 2013

Il rifugiato - 2 (la vendetta?)


Alla fine, il Supremo Tribunale Federale del Brasile ha deciso, a maggioranza, che i condannati nel più grande processo per corruzione che il paese ricordi – il cosiddetto mensalão – devono andare in prigione subito, senza attendere gli ulteriori sviluppi del giudizio. I principali responsabili del sistema di tangenti – tra i quali buona parte della vecchia dirigenza del partito di Lula – si sono così consegnati alla giustizia, o sono stati arrestati. Tutti, tranne uno. Henrique Pizzolato, ex direttore del marketing del Banco do Brasil, condannato a 12 anni e sette mesi e titolare, anche, di un passaporto italiano, sarebbe fuggito nel nostro paese, probabilmente passando dal Paraguay.
In una lettera lasciata al suo avvocato, Pizzolato motiva la sua decisione con l'intento di non sottomettersi a un giudizio che definisce “di eccezione”, e di ottenere dalla giustizia italiana un nuovo giudizio, non sottoposto a pressioni mediatiche. Il prossimo passo dovrebbe essere, probabilmente, una formale richiesta di estradizione da parte del ministero della giustizia brasiliano, resa in questo caso più difficoltosa dalla doppia cittadinanza di Pizzolato (che quindi, a differenza di Battisti, è anche cittadino italiano).
Inutile sottolineare i parallelismi con il caso di Cesare Battisti, arrestato in Brasile e del quale l'Italia chiese l'estradizione. Estradizione poi negata dal presidente Lula (ma non dalla giustizia brasiliana), che interpretò il caso Battisti come un caso di giustizia politica. Per un'ulteriore ironia della storia, colui che allora difese Battisti difronte al Supremo Tribunal sostenendo la tesi della condanna politica dell'ex membro dei PAC, l'avvocato Luís Roberto Barroso, siede adesso dall'altra parte della tribuna, tra i giudici dello stesso Supremo Tribunal che ha decretato l'arresto di Pizzolato. Scritta la sceneggiatura dell'attivista politico di sinistra che ottiene asilo da Lula, resta ora da scrivere quella, a parti invertite, dell'accusato di corruzione che chiede asilo in Italia.

giovedì 11 aprile 2013

Tribunal Constitucional vs. Governo - 2° round


Palácio Ratton
Per la seconda volta, dall'inizio della crisi economica, la corte costituzionale portoghese ha cassato, con sentenza pubblicata venerdì scorso (5 aprile), una parte rilevante della legge finanziaria, mettendo così in serio pericolo il raggiungimento, da parte del governo, degli impegni presi con la “troika” dei creditori (Commissione Europea, BCE e FMI). Come già l'anno scorso, il Tribunal Constitucional ha dichiarato incostituzionali il taglio dei cosiddetti “subsídios de férias”, ovvero la trediciesima e quattordicesima mensilità, degli impiegati statali e dei pensionati. Ed esattamente come l'anno scorso, le due misure sono state dichiarate incostituzionali in base al principio di eguaglianza (ovvero, in poche parole, perché limitate ai soli impiegati statali, e non a tutti i lavoratori). Sono stati poi dichiarati inconstituzionali il contributo per le prestazioni sanitarie e i sussidi di disoccupazione, sulla base del principio di progressività, e alcune norme relative ai contratti di ricerca e docenza. In questi ultimi due casi, tuttavia, la decisione avrà un impatto limitato sui conti pubblici.

Salazar e la politica travestita da tecnica

1. In un libro pubblicato recentemente in Portogallo per le (meritorie) edizioni Tinta da China (Salazar e o poder. A arte de saber durar, 367 pp., 17€), Fernando Rosas ha ricostruito la strategia politica del dittatore portoghese a partire dal suo obiettivo fondamentale: la preservazione del potere. Un obiettivo ovvio, si dirà, soprattutto per un dittatore. Meno ovvio è riconsiderare sotto questa luce scelte e tattiche che sono state variamente attribuite alla capacità di Salazar di scendere a compromessi o alla sua (relativa) flessibilità di fronte alle trasformazioni socioeconomiche (soprattutto negli ultimi decenni del suo regime). Flessibilità, come si comprende bene dalle pagine del libro, motivata non tanto dal desiderio di trovare risposte a nuove situazioni economiche o sociali, quanto dall'imperativo di resistere; anche a costo di fare concessioni e di acconsentire a una (limitata) modernizzazione dell'economia. Al di là di ciò, quel che il libro di Rosas mostra molto bene è l'abilità di Salazar nel nascondere il suo disegno, fin dall'inizio prettamente politico, sotto le vesti di un intervento tecnico super partes.

sabato 16 marzo 2013

Il miglior alunno sulla buona strada. La troika, la settima valutazione e un paese che affonda


Se qualcuno volesse un'idea di che cosa significano le misure di “austerità” imposte ai paesi sottoposti al programma della troika (Commissione Europea, Banco Centrale Europeo e Fondo Monetario Internazionale), non dovrebbe far altro che guardare al Portogallo. E forse è proprio per questo motivo che se ne parla così poco. Dopo 18 giorni di riunioni, il governo e la troika hanno presentato i risultati della settima valutazione: una sequenza ininterrotta di previsioni smentite.
Il governo di Passos Coelho e del ministro delle finanze Vitor Gaspar ha sempre impiegato il massimo impegno nel mostrarsi “miglior alunno” del rigorismo europeo, e a quanto pare ha fatto i compiti a casa diligentemente, aiutato anche da una situazione sociale interna tesa ma non ancora equiparabile a quella greca. Le misure di consolidamento dei conti, presentate da Gaspar, per gli anni 2012 e 2013 (e che si sono tradotte essenzialmente in aumento delle tasse e tagli nei salari e nelle pensioni) hanno totalizzato un risparmio di quasi 15 miliardi e mezzo di euro, più del doppio dei 7 miliardi e mezzo inizialmente previsti dal memorandum con la troika. Il che, in un paese tendenzialmente povero, con una classe media fragile e una élite economico-finanziaria molto ristretta e che non ha grandi difficoltà a mettersi al riparo dall'aumento delle imposte (dirette e indirette), significa meno soldi in tasca, meno consumi, meno investimenti, meno lavoro, meno entrate fiscali.